L’infiammazione del colon è un disturbo sempre più diffuso, ma purtroppo spesso trascurato. Tenere a bada lo stato infiammatorio e quindi contrastare l’infiammazione del colon migliora la salute non soltanto dell’intestino, ma di tutto l’organismo.
Infiammazione del colon: quali sintomi?
Prima di parlare nello specifico dell’infiammazione del colon e dei sintomi associati, cominciamo dalle definizioni: l’infiammazione è un meccanismo di difesa contro aggressioni di origine infettiva o non infettiva. Quando è localizzata cronicamente a livello intestinale i sintomi dell’infiammazione del colon più comuni sono: diarrea o stipsi, dolore addominale, inappetenza, nausea, vomito e febbricola. Secondariamente possono comparire anche: cefalea, afte orali, malattie cutanee, artrite, anemia, osteoporosi, steatosi epatica.
Le malattie infiammatorie intestinali sono patologie dalla causa tuttora sconosciuta. Tuttavia, nei soggetti geneticamente suscettibili, l’infiammazione è associate ad una cattiva regolazione della risposta immunitaria verso i microrganismi intestinali. Queste malattie sono caratterizzata dalla distruzione del tessuto intestinale attraverso un’iniziale alterazione dell’epitelio intestinale ed un’attivazione senza freni del sistema immunitario. Le malattie tipiche sono la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e la colite microscopica. Queste colpiscono fino al 0,5% della popolazione nei paesi sviluppati e la loro incidenza è in aumento anche in quelli in via di sviluppo.
Il ruolo attivo del sistema immunitario nelle patologie intestinali e nell’infiammazione del colon
Dopo la nascita il tratto digerente perde la propria (quasi)sterilità e diventa sempre più colonizzato dai microrganismi, che raggiungono il numero esorbitante di almeno 1014. A causa di diversi fattori si insatura una gradualità progressiva dallo lo stomaco, con una concentrazione di 103 unità/ml (soprattutto H. pylory), fino al colon con 1011-1012/ml. La flora intestinale (o microbiota) svolge funzioni essenziali per il benessere intestinale, in quanto interviene attivamente nei seguenti ambiti:
- Digestione degli alimenti;
- Assorbimento dei nutrienti;
- Protezione dall’invasione dei patogeni;
- Produzione di sostanze anti-microbiche;
- Modulazione della risposta immunitaria alla base dell’infiammazione.
Può sembrare sorprendente, ma le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono che la microflora intestinale contribuisce alla maturazione ottimale del nostro sistema immunitario.
Il compito principale del sistema immunitario nell’intestino è di bilanciare la risposta ai patogeni con la tolleranza dovuta nei confronti delle molecole di cibo e dei microrganismi per noi innocui o addirittura benefici. Ebbene, questo equilibrio immunitario può essere spezzato durante l’infiammazione cronica a causa dell’alterazione della funzionalità della barriera intestinale e dei cambiamenti a livello dell’immunità innata ed adattativa. Per quanto riguarda il rivestimento delle pareti intestinali, è bene sottolineare che le cellule epiteliali, oltre a fungere come una vera e propria barriera fisica, sono deputate anche alla produzione del muco protettivo, della secrezione di molecole anti-microbiche (es. defensine) ed alla collaborazione con il sistema immunitario. Come spesso succede, la sua importanza è ulteriormente ribadita quando insorgono dei problemi. Perché la distruzione della barriera epiteliale o l’infiltrazione dei microrganismi patogeni nella mucosa intestinale dà avvio ad una cascata immunitaria, che alla fine determina il rilascio di fattori altamente pro-infiammatori.
Una colonizzazione alterata dell’intestino durante l’infanzia è associata ad una maggiore suscettibilità alle malattie infiammatorie intestinali. Numerosi studi hanno dimostrato un collegamento tra il parto cesareo e/o l’utilizzo di antibiotici in età pediatrica con queste malattie, in particolare il morbo di Crohn. Tutto ciò può influenzare negativamente la maturazione del sistema immunitario conducendo ad un maggior rischio pro-infiammatorio.
Da qui nasce la necessità di prendersi cura della disbiosi, cioè dell’alterazione della flora intestinale, fin dalle primissime fasi di vita. Come? Innanzitutto con l’alimentazione.
L’ipotesi che la flora intestinale contribuisca allo sviluppo delle malattie infiammatorie intestinali è supportata da diversi esperimenti e ricerche cliniche. Per esempio studi recenti hanno evidenziato che i pazienti con malattie infiammatorie intestinali possiedono una minore biodiversità intestinale, insieme ad una maggiore prevalenza di funghi e di batteri nocivi, quali gli Enterobacteriacee (es. E. coli, Salmonella). In aggiunta tra i possibili candidati c’è il Fusobacterium nucleatum, che sembra più abbondante nell’intestino infiammato rispetto a quello sano.
Ad ogni modo evidenze altrettanto forti provengono dalle ricerche in campo nutrizionale, che hanno approfondito diversi fattori. Tra i tanti possiamo citare per importanza i cosiddetti prebiotici, cioè carboidrati di origine vegetale non digeribili, ma fermentabili che permettono di cambiare sia la composizione che l’attività della microflora intestinale. I prebiotici e la fibra in generale sono fermentati prevalentemente dai batteri presenti nel colon dando origine ai cosiddetti acidi grassi a catena corta (es. butirrato). Queste molecole esercitano effetti benefici per l’organismo migliorando l’integrità della barriera intestinale, agendo come anti-infiammatori e regolando il sistema immunitario a livello locale e sistemico. Ulteriori ricerche hanno mostrato che i prebiotici modificano la composizione del microbiota aumentando il numero dei batteri “buoni” (es. Bifidobatteri e Lattobacilli) e riducendo quelli potenzialmente pericolosi. Inoltre inibiscono la colonizzazione dei patogeni come il temibile Clostridium difficile, che causa diarrea e colite. La sua proliferazione avviene soprattutto quando la microflora è alterata, in seguito a terapie antibiotiche, immunosoppressive, chemioterapiche o con inibitori della pompa gastrica. Purtroppo non sembra un caso che le sue infezioni siano in aumento da qualche anno. Infine la fermentazione dei carboidrati non digeribili abbassa il pH nel colon inibendo ulteriormente la crescita degli agenti infettivi.
E’ stato ben documentato che i processi infiammatori sono accompagnati dalla distruzione della barriera epiteliale. In merito un’alimentazione squilibrata, uno stile di vita scorretto, l’utilizzo di alcuni farmaci e molti agenti patogeni hanno dimostrato di incidere profondamente sulla permeabilità del tratto gastro-intestinale. Il mantenimento della funzionalità di barriera è importante per la nostra salute ed una sua eventuale alterazione costituisce un potente fattore di rischio. I derivati microbici ed alimentari che passano liberamente attraverso la barriera intestinale si riversano nel sangue scatenando un’infiammazione di basso grado con effetti sistemici. Oltre a rivestire un ruolo di prim’ordine nelle malattie infiammatorie intestinali, nella celiachia e nelle allergie alimentari, questi processi espongono ad un maggior rischio di disturbi e patologie su base immunitaria ed auto-immunitaria. Evidenze sempre crescenti puntano l’attenzione sullo sviluppo di psoriasi, obesità, steatosi epatica, artrite reumatoide, diabete di tipo 1, schizofrenia, sindrome dello spettro autistico e disturbi simil-depressivi.
Se vuoi, puoi scoprirne di più anche su colon irritabile, colite ulcerosa e morbo di Crohn!
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