Quale dieta per il tumore al seno? Il cancro al seno è il secondo tumore più frequente al mondo (25% dei casi) e quello in assoluto più comune nel sesso femminile colpendo ogni anno circa un milione e mezzo di nuove donne. Generalmente insorge in età avanzata e, nei paesi più industrializzati, solo circa il 10% dei casi avviene prima dei 45-50 anni. I tassi di incidenza variano fino a quattro volte tra le differenti regioni del pianeta a seconda dei fattori riproduttivi (menarca, età di gravidanza, allattamento), utilizzo della terapia ormonale sostitutiva e dei fattori di rischio legati allo stile di vita. Le incidenze nei paesi altamente industrializzati nella pre e post-menopausa sono rispettivamente cinque e due volte maggiori rispetto alle nazioni in via di sviluppo. In particolare stanno aumentando sempre di più i tumori positivi al recettore degli estrogeni (ER+).
Il tumore al seno è una patologia eterogenea, che può essere caratterizzata da alcuni indicatori molecolari, come per l’esempio l’assenza o la presenza dei recettori per l’estrogeno o il progesterone, che sono importanti per la classificazione diagnostica, la terapia e per predirne il decorso. Inizialmente era opinione condivisa che il tumore al seno, soprattutto quello in età più giovanile, fosse determinato da fattori genetici ed ereditari. Tuttavia, solo una piccola percentuale di casi (10%) è effettivamente attribuibile a variazioni genetiche in alcuni geni collegati al rischio oncologico (es. BRCA1, BRCA2), e ciò vale soprattutto in situazioni di forte familiarità del tumore al seno o all’ovaio. Pertanto, nella maggior parte dei casi le alterazioni genetiche non spiegano completamente né lo sviluppo né la progressione tumorale.
Prevenzione del tumore al seno: la giusta alimentazione
Quando si parla di questo tipo di cancro (e non solo) si parla anche di correlazione possibile tra dieta e tumore al seno, in riferimento anche alla prevenzione del tumore al seno con l’alimentazione, ed alla consigliata dieta e alimentazione da seguire dopo il tumore al seno. Benché generalmente si pensi che il tumore mammario dipenda da una predisposizione genetica, questa non è la sola ragione e sufficiente. In molti casi, invece, si assiste ad un’interazione complessa tra fattori genetici, riproduttivi e comportamentali, tra cui rientra l’attività motoria quotidiana e l’alimentazione. Le linee guida internazionali come quelle del “The World Cancer Research Fund” puntano l’attenzione sul controllo del peso, l’adozione di uno stile di vita attivo, sul basso consumo di alcool ed un’alimentazione prevalentemente a base vegetale. In merito è stato osservato che seguire queste raccomandazioni abbassa di circa il 30% il rischio di incorrere nel tumore al seno sia di tipo ER+ o ER- e pure in presenza di una storia familiare positiva.
Qual è la giusta prevenzione del tumore al seno con l’alimentazione? Le ricerche continuano ad esplorare le associazioni tra i cibi o i nutrienti ed il rischio oncologico producendo una mole di evidenze sempre crescente. Già dai primi studi epidemiologici risulta che specifici nutrienti possono incidere positivamente o negativamente su questa malattia. Con il passare dei decenni e gli avanzamenti scientifici è stato possibile inserire queste osservazioni all’interno dei meccanismi biologici coinvolti come per esempio lo stress ossidativo, i processi epigenetici nella regolazione genetica, la riparazione e la protezione del DNA, l’infiammazione, i fattori di crescita e quelli ormonali.
I risultati di studi decennali affermano che una larga percentuale dei tumori è prevenibile attraverso i cambiamenti dello stile di vita e quindi dimostranoancora una volta la correlazione tra dieta e tumore al seno, anche dal punto di vista della prevenzione del tumore al seno con l’alimentazione e della possibile dieta e alimentazione post tumore al seno.
La prevenzione del tumore al seno anche con l’alimentazione dovrebbe iniziare molto precocemente e fin da quando siamo piccoli. L’infanzia e l’adolescenza, infatti, sembrano essere finestre temporali importanti per il successivo sviluppo del tumorale, perché il seno non si è ancora differenziato completamente. A titolo di esempio un menarca molto precoce aumenta il rischio di incorrere nel tumore alla mammella nel pre-menopausa. Inoltre i comportamenti adottati durante il periodo dello sviluppo (es. attività motoria, consumo di alcol e dieta) hanno ripercussioni più avanti negli anni riconfermando come le strategie preventive già in età giovanile deviano dal rischio.
Benché il 75-80% dei casi di cancro in occidente avvengano dopo la menopausa ed il 20-25% prima, una prevenzione efficace dovrebbe perciò incominciare presto, proprio essendo in grado di conoscere la correlazione che sussiste tra dieta e tumore al seno. Il rischio si accumula durante l’infanzia, adolescenza e particolarmente nel periodo tra il menarca e la prima gravidanza. Per esempio l’azione nociva del fumo è maggiore se questa cattiva abitudine comincia nell’adolescenza a causa di una maggiore suscettibilità biologica prima della differenziazione del seno. Sebbene il tumore al seno nelle donne giovani mostri spesso caratteristiche più aggressive rispetto a forme più tardive, è stato osservato che l’adozione di uno stile di vita sano già a partire dall’infanzia può esercitare un impatto notevole anche sul rischio di tumore pre-menopausale.
Le ricerche hanno consentito di valutare l’azione dei nutrienti e di altre molecole bioattive contenute negli alimenti, che interagiscono con l’organismo e possono influenzare il processo tumorale. Tuttavia, lo studio di un singolo aspetto non è in grado di abbracciare la complessità di ciò che comunemente chiamiamo dieta, che comprende le innumerevoli interazioni tra tutti i suoi componenti.
Alimentazione e tumore al seno
Ma quale potrebbe essere la giusta alimentazione per il tumore al seno? Una delle prime evidenze più volte riconfermata negli anni riguarda la forte associazione tra le bevande alcoliche, pur in modeste quantità, e l’incremento del rischio di tumore al seno sia prima che dopo la menopausa secondo una relazione dipendente dalla dose di etanolo giornaliero. Si pensa che il rischio derivi dai danni, dagli addotti e dalle anomalie del DNA, oltre ad una possibile maggiore attività dei recettori ormonali.
Benché le diete vegetariane o vegane non riducano il rischio in modo significativamente differente rispetto ad una sana alimentazione onnivora, è bene che le donne prestino attenzione al consumo della carne. È stato dimostrato in proposito che uno stile di vita scorretto ed una dieta ricca di carne o di uova può incrementare i livelli di estradiolo libero. Inoltre è raccomandabile sostituire i formaggi grassi e stagionati con quelli più leggeri e freschi.
D’altra parte l’apporto di fibre mostra proprietà protettive e molto probabilmente preventive, il che ne avvalora l’utilizzo nelle nostre tavole. In special modo le fibre solubili sembrano le più protettive probabilmente attraverso gli effetti positivi sulla sensibilità insulinica. In aggiunta le fibre legano gli estrogeni nel colon e ne aumentano l’escrezione, possono ridurre l’idrolisi degli estrogeni coniugati determinando un loro minore assorbimento. Senza dimenticare che possono modulare gli effetti negativi degli altri nutrienti o dell’alcool.
Per quanto riguarda i grassi in relazione alla giusta alimentazione per il tumore al seno, sembra che in prevenzione contino di più quali tipi di grassi si introducono dal cibo piuttosto che i grassi totali. In particolare sembra importante il rapporto tra gli acidi grassi omega-3 e gli omega-6, soprattutto in condizioni di obesità. I meccanismi sottesi potrebbero essere collegati ad una minore infiammazione ed all’azione dei grassi su alcuni ormoni presenti nel tessuto adiposo.
La qualità degli zuccheri può potenzialmente influenzare il rischio modificando la resistenza insulinica ed i livelli di insulina e di glucosio. Molti fattori modificano come e quanto rapidamente gli zuccheri sono digeriti ed assorbiti a livello intestinale. L’indice glicemico misura la risposta glicemica al pasto ed è perciò considerato una buona misura della qualità dei carboidrati. Un altro indice ancora più preciso è dato dal carico glicemico, che tiene conto sia dell’indice glicemico che dell’effettiva quantità di cibo consumata. Entrambe queste misure mostrano correlazioni ripetute con lo sviluppo del tumore al seno. Un alto consumo di zuccheri raffinati è ancora più strettamente legato a questo rischio negli individui geneticamente più vulnerabili alla resistenza insulinica oppure in combinazione all’obesità o sedentarietà.
I fattori di rischio risultano per lo più di natura ambientale e comportamentale, che dipendono dalle nostre scelte e motivazioni.
Per quanto riguarda le vitamine alcuni studi hanno rilevato un maggior rischio qualora i livelli ematici dei carotenoidi (es. luteina, α-carotene, β-carotene) siano bassi. Così come sembra avvenire quando c’è uno sbilanciamento tra le elevate concentrazioni di vitamina B12 ed una carenza dei folati oppure in combinazione al consumo di alcool. Ciò potrebbe derivare dalle interazioni reciproche tra i nutrienti oppure tra i nutrienti ed il DNA cambiando l’espressione di uno o più geni specifici. Esistono, inoltre, variazioni comuni nella sequenza del DNA, detti polimorfismi, che modificano l’attività di alcune proteine o enzimi preposti al metabolismo dei nutrienti.
È ormai ampiamente condiviso che essere in sovrappeso o in obesità aumenta il rischio di tumore al seno e generalmente ciò avviene molti anni dopo, spesso nella menopausa. Pertanto il bilanciamento energetico e l’adiposità sembrano fattori rilevanti nella prevenzione. Precisiamo che l’indice di massa corporea (BMI o IMC), pur essendo un parametro valido dell’adiposità generale, non riflette il reale deposito della massa grassa. Mentre il rapporto tra la circonferenza fianchi e vita è più indicativo del tessuto adiposo addominale, il quale sembra molto più metabolicamente attivo rispetto a quello periferico. Anche un aumento di peso significativo può esercitare un impatto sostanziale su questo tumore e ciò è particolarmente evidente se il peso di partenza era salutare. Benché l’obesità sia spesso accompagnata da cicli mestruali anovulatori e quindi riduzione dell’esposizione ai fattori ormonali, è stata anche associata ad infiammazione e ad una scarsa regolazione metabolica, che possono promuove la crescita del tumore. È l’aumento di peso in età adulta che correla con il rischio più alto. Viceversa la perdita ponderale, seppur modesta, ha dimostrato di ridurre il rischio.
Un altro fattore legato all’alimentazione e riscontrato dagli studi che hanno approfondito la prevenzione tumorale è l’allattamento. Se da una parte non avere figli è considerato un fattore di rischio, dall’altra allattare protegge sia prima che dopo l’avvento della menopausa e secondo effetti cumulativi, persino in coloro che sono predisposti geneticamente. In merito sono stati ipotizzati diversi meccanismi tra cui la differenziazione dell’epitelio del seno, la riduzione della suscettibilità cellulare alla trasformazione neoplastica e la diminuzione dell’influenza degli ormoni sessuali sul tessuto mammario.
Dieta e alimentazione dopo tumore al seno
Ma qual è invece la giusta dieta ed alimentazione da seguire dopo un tumore al seno? L’aderenza rimane importante anche dopo la diagnosi al fine di abbassare le probabilità di recidive negli anni successivi. In questi casi è sempre raccomandato di rivolgersi ad uno specialista al fine di valutare i fattori dietetici, la storia clinica e di impostare una terapia corretta, equilibrata e senza carenze. Ciò riveste un’importanza notevole considerando che è opportuno prendersi carico dei fattori di rischio legati al peso, alla malnutrizione ed alle alterazioni metaboliche come per esempio la resistenza insulinica, in cui l’insulina non riesce a svolgere appieno la sua funzione. Senza tralasciare possibili carenze o disequilibri nutrizionali potenzialmente rilevanti. Un esempio è dato dalla vitamina D, che è importante per molti processi fisiologici. Essa è per lo più sintetizzata dalla pelle a partire dal colesterolo attraverso l’esposizione ai raggi UVB, oppure può essere assunta tramite gli alimenti giusti. Una larga base di risultati supportano che i livelli di vitamina D sono fortemente associati ad una migliore prognosi dopo la diagnosi di tumore al seno. In maggior dettaglio gli effetti protettivi della vitamina D sembrano dipendere dal legame sul suo recettore nelle cellule mammarie, oltre a possibili effetti sui fattori di crescita. Pertanto sulla base di questo esempio e di numerose altre evidenze risulta che la dieta riveste un’importanza non trascurabile anche nella prevenzione secondaria. Ma ciò richiede che debba essere sempre personalizzata sulla base della persona e della sua storia. Inoltre una corretta alimentazione è fondamentale anche per evitare il rischio di sviluppare altre condizioni cliniche influenzate dall’alimentazione, non soltanto tumorali.
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