La salute è un equilibrio instabile che deve essere riconquistato ogni volta. Essa si manifesta in molte maniere: nell’equilibrio tra l’attività ed il riposo, tra i bisogni del corpo e gli alimenti effettivamente consumati, tra la produzione e l’eliminazione delle tossine ma anche nel sottile equilibrio tra le basi e gli acidi presenti nel nostro corpo.
Ogni alterazione di questo equilibrio ci allontana dalla salute e ci avvia invece verso le malattie organiche. Ai giorni nostri, a causa delle abitudini alimentari e del modo di vita che conduciamo, si è rotto l’equilibrio acido-basico e progressivamente tendiamo verso l’acidificazione.
Nel nostro organismo l’equilibrio tra gli acidi e le basi è instabile e deve costantemente essere riconquistato. Leggere variazioni nel pH del terreno tra 7.45 verso l’alcalinità e 7.35 verso l’acidità sono compatibili con lo stato di buona salute. Se queste due numeri, che fungono da limiti venissero superati, il terreno diviene patologico. Il pH del terreno non può allontanarsi più del dovuto dal pH 7.00 verso l’acidità e più del pH 7.80 verso l’alcalinità, perché al di là di questi limiti estremi il corpo cessa di essere malato, entra in uno stato completamente incompatibile con la vita e la morte sopraggiunge rapidamente.
Con queste premesse è ovvio come l’organismo, davanti a diverse scelte, abbia come obiettivo primario quello del mantenimento di un pH compatibile con la vita anche a scapito di altri parametri, organi o apparati. Questa priorità è di fondamentale importanza per comprendere la genesi di diverse patologie, tra le quali di particolare valore per la loro diffusione, l’artrosi e l’osteoporosi.
Se il pH sanguigno è pressochè costante, lo è di meno quello di altri distretti corporei: sia quello tissutale che quello urinario e salivare subiscono delle variazioni maggiori, secondo ritmi circadiani.
Nella prima parte della giornata, cioè la mattina ed il primo pomeriggio, l’organismo è in fase catabolica e simpatico-tonica, dovendo produrre energia, e gli scarti metabolici sono sempre acidi. Ci troviamo quindi in una fase di acidosi: il tessuto mesenchimale in questo caso funziona da deposito di scorie ed il pH si abbassa.
Quando nel pomeriggio, ma soprattutto la sera, l’organismo passa ad una fase parasimpatica ed anabolica, i tessuti rilasciano i cataboliti e gli acidi accumulati, passando in alcalosi ed il loro pH si innalza.
Anche il pH urinario oscilla da valori alcalini ad acidi e viceversa (4.50 – 8.40) ma in modo più sensibile al tipo di alimentazione seguita: al mattino le urine sono acide, in quanto eliminano gli acidi accumulati dall’organismo nella giornata precedente. Nel corso della mattinata il pH sale abbastanza nettamente per calare nuovamente nell’ora di pranzo e risalire ancora a metà pomeriggio, rimanendo comunque sempre attorno al valore di pH neutro.
Tanto più l’alimentazione sarà squilibrata tanto più i valori tenderanno verso l’acidosi.
Il pH urinario risulta quindi uno degli indicatori più affidabili per verificare la presenza o meno di una iperacidosi tissutale.
Alimenti acidificanti
Carne, estratti di carne
Pesce, pollame
Uova
Formaggi, prodotti caseari
Grassi animali
Oli vegetali, soprattutto oli raffinati
Cereali integrali e non
Pane, pasta
Leguminose
Zucchero raffinato
Dolciumi
Caffè, te, cacao
Vino
Gli alimenti acidificanti non contengono di per se sostanze acide ma ne producono in seguito alle trasformazioni digestive cui vanno incontro od a causa della loro utilizzazione a livello cellulare.
La soluzione consiste nello stare molto attenti alle quantità ingerite: se un leggero apporto di acidi è inevitabile e naturale mangiando questi alimenti, questo apporto sarà maggiore in modo direttamente proporzionale alle quantità consumate. L’effetto acidificante non sarà veramente tale, e quindi pericoloso, se gli alimenti consumati non saranno eccessivi. La nozione di “eccesso” evidentemente non può essere che individuale perché basata sulle capacità metaboliche di ciascuno.
Gli alimenti alcalinizzanti
Verdura verde cruda o cotta: insalata, lattuga, fagiolini, cavoli, ecc.
Verdura colorata: carote, barbabietola e zucca (salvo il pomodoro)
Latte, ricotta, yogurt
Patate
Frutta fresca ad eccezione delle prugne e dei mirtilli
Mandorle, noci del Brasile, castagne
Acqua minerale alcalina non gasata
Questi alimenti sono ricchi in basi e non contengono assolutamente sostanze acide. La loro trasformazione e la loro utilizzazione da parte dell’organismo non solo non producono acidi ma sono in grado di alcalinizzare il terreno qualunque sia la quantità ingerita.
Disturbi correlati all’iperacidosi
Astenia, affaticabilità, maggiore sensibilità al dolore
Pirosi, iperacidità, dispepsia, gastrite, litiasi
Micosi frequenti, mucose arrossate, unghie e capelli fragili, iperidrosi
Irritabilità, palpitazioni, ansia, risvegli notturni frequenti, ipercinesia
Artrosi, osteoporosi, mialgia e crampi
Ipertiroidismo, irregolarità mestruale, sterilità, gotta, iperuricemia
Grande facilità a contrarre infezioni
Il quadro è quindi quanto mai ampio. Ecco perché una dieta alcalinizzante o dieta pH, riportando verso la norma il pH permette di risolvere molti problemi apparentemente non legati tra loro.
Aumentare l’assunzione di verdure e frutta è importante ma lo è altrettanto la riduzione degli alimenti iperacidificanti. Solo riducendo gli alimenti iperacidificanti ed aumentando quelli alcalinizzanti è possibile ridurre od arrestare i fenomeni di impoverimento tissutale.
Particolare attenzione andrà comunque posta nel valutare l’alimentazione nella sua globalità per non incorrere in altre carenze od errori come, ad esempio l’impiego di verdure ricche di acido ossalico o l’eccessivo uso di frutta acida in soggetti sensibili.
L’iperacidosi potrebbe spiegare perché alcune terapie, anche se ben condotte non portino ai risultati sperati o perché molte persone, pur mangiando normalmente, non riescano a perdere peso.