La Celiachia è un’infiammazione cronica dell’intestino in soggetti predisposti geneticamente in seguito all’ingestione di glutine. E’ caratterizzata da: appiattimento della mucosa, atrofia dei villi e iperplasia delle cripte nell’intestino tenue con conseguente sindrome da malassorbimento (diarrea, steatorrea, perdita di peso) e secondariamente da sintomi, apparentemente non correlati, tra cui anemia, amenorrea, malattie del tessuto osseo ed infertilità. Una percentuale significativa di aborti spontanei e di gravidanze con esiti avversi non ha ancora una causa esplicativa determinata.
La malattia celiaca potrebbe contribuire in un certo grado a causa della persistente deficienza di ferro e dell’anomala perdita di peso durante la prima, ma ancor di più la seconda, gravidanza.
La letteratura scientifica ha dimostrato che il tasso di fertilità delle donne con una diagnosi accertata (e trattata) di celiachia è lo stesso delle altre donne nella popolazione, benché tendano ad avere gravidanze in un’ età più avanzata. Tuttavia le donne affette da una malattia celiaca non ancora diagnosticata sembrano avere un rischio di aborti multipli, insieme alla nascita di neonati sottopeso, circa 8.9 volte più alto rispetto ai soggetti sotto trattamento nutrizionale.
Al momento le ipotesi che forniscono una spiegazione scientifica di questo fenomeno sono soltanto speculative. Collin et al. ha mostrato che un regime alimentare privo di glutine è spesso funzionale alla riuscita della gravidanza nelle donne celiache prevenendo il rischio di aborti ricorrenti e neonati sottopeso. Ciacci et al. ha trovato anche che il rapporto aborti/gravidanze era ridotto più di cinque volte in seguito alla rimozione del glutine dall’alimentazione. Inoltre un altro studio italiano (Tursi et al.) ha mostrato che in gruppo di donne affette da celiachia il numero di aborti e complicazioni in gravidanza potrebbe essere ridotto attraverso la rimozione del glutine. Il 46.15% di queste donne (13) con uno o più aborti alle spalle ha avuto una o più gravidanze nell’arco di 11 anni sotto esame. Inoltre la maggior parte delle gravidanze (83.35%) avveniva almeno dopo due anni dall’assunzione di alimenti privi di glutine. Interessante è il fatto che le pazienti con i danni istologici a livello intestinale più gravi al momento della diagnosi hanno partorito più avanti nel tempo; è stato ipotizzato perciò che il ripristino della mucosa intestinale (e dell’assorbimento) possano giocare un ruolo nell’agevolare il compimento della gravidanza.
Questo studio conferma pertanto che la gravità dei danni a livello della mucosa intestinale prima della rimozione del glutine non inficia la buona riuscita della gravidanza. D’altra parte i soggetti con lesioni particolarmente persistenti (Marsh I) non hanno avuto figli suggerendo comunque che il danno istologico e/o anche il malassorbimento dei nutrienti (anche senza anomalie istologiche), tra cui lo zinco, potrebbero contribuire al tasso di infertilità.
In conclusione questo studio ha dimostrato che gravi e ricorrenti complicazioni durante la gravidanza potrebbero essere correlate alle anomalie causate dal glutine, in quanto possono essere in parte corrette dalla sua rimozione nell’alimentazione.
Presso il Centro di Medicina Biologica è possibile eseguire test genetici per la valutazione della predisposizione alla celiachia e di conseguenza realizzare le giuste misure per un’alimentazione adeguata.
a cura del Dott. Gianluca Tiri Biologo Molecolare- Nutrizionista Centro di Medicina Biologica-Monza
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