Prima di parlare dell’ipertensione arteriosa e della dieta consigliata, occorre chiarire che essa è una malattia caratterizzata da livelli di pressione arteriosa persistentemente elevati. Lo stile di vita incide fortemente sia sul suo sviluppo che in corso di terapia. Scopriamo come.
Si tratta probabilmente di uno dei problemi più rilevanti nella sanità delle nazioni industrializzate. Ciò perché è ormai noto che l’aumento dei livelli di pressione arteriosa sistolica o diastolica è accompagnato direttamente e proporzionalmente ad un incremento del rischio di malattie cardio e cerebro-vascolari (es. infarto, ictus). Benché sia spesso asintomatica, questa malattia è di facile individuazione secondo i più recenti criteri diagnostici:
- Normale: inferiore a 120/80 mm Hg
- Elevata: sistolica 120-129 e diastolica meno di 80
- Stadio 1 ipertensivo: sistolica 130-139 o diastolica tra 80-89
- Stadio 2: sistolica almeno 140 o diastolica almeno 90 mm Hg.
Come si può notare le nuove linee guida abbassano le soglie per incoraggiare la prevenzione ed iniziare precocemente una dieta consigliata per l’ipertensione arteriosa prima delle conseguenze negative. Ciò si traduce, quindi, in una gestione più tempestiva delle gravi complicanze del disturbo non opportunamente controllato, quali il rischio cardiovascolare e renale. Secondo questi criteri si stima attualmente che almeno il 40% della popolazione adulta soffra di una pressione del sangue troppo alta, soprattutto con l’avanzare dell’età.
L’ipertensione arteriosa è un problema di salute da non sottovalutare.
Essa produce un eccessivo carico di lavoro per il cuore, il quale cerca di compensare con un’ipertrofia del ventricolo sinistro caratterizzata da un aumento dello spessore della parete ventricolare. La progressione di questo fenomeno provoca la dilatazione della cavità cardiaca e l’insorgenza di sintomi e segni tipici dell’insufficienza cardiaca. In aggiunta essa danneggia la retina provocando visione sfuocata o cecità ed anche il sistema nervoso centrale con la comparsa di cefalea, vertigini, instabilità, acufeni e sincope. Senza tralasciare le lesioni vascolari a livello renale che compromettono nel tempo la funzionalità di questi importanti organi emuntori.
Se un tempo le cause genetiche erano considerate primarie, adesso è ben chiaro invece che numerosi fattori ambientali sono correlati allo sviluppo del disturbo. Sebbene crescano di anno in anno le conoscenze su questa malattia, nella maggior parte dei casi (90%) la causa rimane ignota. Ecco perché si parla di ipertensione primaria o essenziale. Nel restante 10% questa patologia è dovuta a problematiche renali (es. rene policistico), ormonali congenite o acquisite (es. sindrome di Cushing ed ipertiroidismo), sindrome da apnea nel sonno, restringimento dell’aorta o utilizzo di alcuni farmaci (es. anti-infiammatori non steroidei, contraccettivi orali).
L’alimentazione per l’ipertensione arteriosa
Quale alimentazione e dieta sono consigliate per l’ipertensione arteriosa? Secondo numerosi studi al giorno d’oggi il rischio di incorrere di un aumento eccessivo della pressione arteriosa è molto alto. Ma questo rischio può essere attenuato attraverso il controllo dei fattori di rischio modificabili come per esempio l’alimentazione e l’attività motoria. Vediamo di che cosa si tratta.
Si stima che circa il 50% delle persone ipertese ed il 25% di quelle sane sia particolarmente sensibile al sale, cioè il sale determina oscillazioni significative sulla pressione del sangue. Ma ciò che conta non è tanto il sale da cucina, che contribuisce per circa il 10% sul totale, bensì quello nascosto negli alimenti, soprattutto quelli del ristorante o fast food, oppure nel pane, insaccati, affettati e rosticceria.
Pertanto, quando si parla di ipertensione arteriosa e della dieta e alimentazione consigliata, è stato dimostrato che un basso consumo di sale (circa 4-5 g/die) è correlato ad un minor rischio di malattia cardiovascolare. D’altra parte un consumo eccessivo di sodio (e di cloro) ogni giorno non esercitano effetti immediatamente, bensì sul lungo periodo determinando un aumento della pressione nel corso del tempo (circa 0,4 mm Hg per anno).
Con il supporto indispensabile di uno specialista è possibile adeguare sia le cure che l’alimentazione.
Precisiamo che più che il consumo di sodio in sé, quello che fa la differenza è il rapporto tra il sodio ed un altro minerale: il potassio. A proposito le evidenze scientifiche sostengono che aumentare i livelli di potassio e diminuire quelli di sodio abbassa la pressione del sangue riducendo pure il rischio cardiovascolare. Per di più è stato osservato che chi consuma più potassio ha una minore prevalenza di ipertensione e di ictus. Il potassio è così importante, perché partecipa a numerosi processi dell’organismo, non da ultimo la vasodilatazione. Il modo migliore, più efficace e sostenibile non può che essere di adottare giorno dopo giorno un’alimentazione ricca dei micronutrienti giusti. E guarda caso i prodotti vegetali, tra cui frutta e verdura, sono quelli con il rapporto sodio-potassio più basso.
Uno stile di vita sano e regolare aiuta a mantenere il controllo pressorio ed a ritardare l’insorgenza delle complicanze.
Il magnesio è un altro micronutriente importante per la regolazione della pressione arteriosa e sembra implicato nella protezione dalle calcificazioni e dei primi passi dell’aterosclerosi. Spesso le persone con ipertensione arteriosa che non seguono una alimentazione e una dieta consigliata hanno bassi livelli di questo minerale, che, tra le tante funzioni, riduce l’eccitabilità muscolare, stabilizza le conduzioni cardiache ed influenza la neurotrasmissione. La mancanza di magnesio è particolarmente accentuata nelle nostre tavole, in quanto i metodi di agricoltura intensiva e di conservazione dei prodotti ne favoriscono la perdita. Ad ogni modo ne sono ricchi i cereali integrali, le verdure a foglia verde e le noci. Tuttavia, un alto consumo di grassi, sale, alcool e caffe interferisce con il suo assorbimento intestinale.
L’obesità è un fattore di rischio riconosciuto per un’alta pressione arteriosa (sia sistolica che diastolica). L’incidenza del sovrappeso e dell’obesità è aumentata nei decenni e si stima che ridurre l’impatto dell’obesità possa eliminare circa il 40-50% dei casi di ipertensione. A riguardo si ipotizza che nell’obesità i sistemi fisiologici di regolazione pressoria siano alterati così come si assiste ad un’attivazione persistente del sistema nervoso autonomo. Non si esclude, inoltre, che gli alti livelli di insulina o il suo mal funzionamento, caratteristici della sindrome metabolica, possano costituire l’anello di congiunzione tra l’ipertensione e l’obesità. Di fatto il tessuto adiposo è in grado di secernere ormoni, chiamate adipocitochine, che possono indurre aumenti pressori. A ciò si aggiunga che in chi soffre di entrambi i disturbi si verifica anche un’alterazione della funzionalità dei vasi sanguigni, che diventano più esposti allo stato infiammatorio ed allo stress ossidativo.
Riportare il peso a livelli salutari e mantenerlo nel tempo rappresenta un approccio efficace sia nella prevenzione che nel trattamento del disturbo.
Altri aspetti nutrizionali di cui tenere conto sono anche la vitamina D ed il calcio, il cui consumo è inversamente proporzionale al rischio di questa malattia. Se da una parte bassi livelli di calcio nel sangue, per motivi nutrizionali o legati a alterazioni del suo metabolismo, sono associati ad una pressione del sangue più elevata, dall’altra un apporto adeguato secondo i fabbisogni può portare benefici. Ciò soprattutto in caso di alto rischio di ipertensione, familiarità, sensibilità al sale e gravidanza.
Gli studi confermano che anche i grassi “buoni” possono fare la differenza, così come quelli monoinsaturi, per esempio contenuti nell’olio di oliva. In aggiunta tanto più il consumo giornaliero di fibre vegetali è alto quanto più si riduce il rischio di ipertensione.
È opportuno stare attenti al consumo di alimenti che contengono caffeina come il tè, il caffè e le bevande tipo cola. Mentre l’alcool rappresenta un fattore tanto rilevante quanto spesso sottovalutato per le sue conseguenze a livello pressorio.
Concludendo le evidenze scientifiche ci mostrano che, accanto alle strategie classiche di abbassamento della pressione, come limitare il sodio, l’alcool e gestire il peso, migliorare l’alimentazione in toto ha un impatto persino maggiore sul controllo della pressione arteriosa. Pertanto via libera al consumo di vegetali, legumi, cereali integrali, pesce e carne magra evitando nel frattempo le carenze di micronutrienti (es. vitamina D) e migliorando le capacità antiossidanti.
Infine un’altra raccomandazione necessaria è di smettere di fumare, in quanto il fumo ha ripercussioni negative sulla pressione del sangue ed allo stress ossidativo, oltre ad esporre a nicotina, catrame, monossido di carbonio ed almeno 50 altre molecole tossiche. Ottimo invece puntare su uno stile di vita attivo ogni giorno per tenere sotto controllo i parametri metabolici ed infiammatori.
Scopri di più anche su cefalea e alimentazione, alimentazione corretta e dieta per il diabete, e calcoli renali: dieta e alimentazione.
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