Pratichi sport regolarmente per passione o per lavoro ma non ottieni i risultati tanto sperati? Questo articolo può fare al caso tuo.

Si stima che il 10-20% degli atleti ha sofferto almeno una volta della sindrome da sovrallenamento o da stanchezza cronica. Quest’ultima non rappresenta solamente un’incapacità ad allenarsi, ma l’atleta non riesce a sostenere il normale carico di allenamento, non recupera tra una sessione e l’altra ed assiste ad un progressivo peggioramento delle proprie prestazioni. La sindrome da sovrallenamento può essere distinta in due tipologie:

  • La forma simpatica o Basedowiana: è caratterizzata da una forte attivazione del sistema nervoso simpatico con sintomi di ipereccitabilità, agitazione psicomotoria e diminuita capacità performativa durante l’esercizio fisico. Questa tipologia riflette generalmente un eccessivo carico psicologico ed emozionale;
  • La forma parasimpatica: è più comune e nelle fasi iniziali è denominata sindrome da over reaching, in cui avviene una predominanza del sistema nervoso vagale sia a riposo che durante lo sforzo. I sintomi principali comprendono: fatica cronica, alterazioni della variabilità della frequenza cardiaca di notte, disturbi del sonno e dell’appetito, modificazioni del tono dell’umore e perdita di interesse per la disciplina sportiva. La sindrome da over reaching è la diretta conseguenza di un tempo di riposo e di recupero insufficienti rispetto all’entità del sovraccarico. Tutto ciò determina un aumento dello sforzo psicofisico per ottenere gli stessi obiettivi con ampie ripercussioni sulla performance. Qualora queste condizioni dovessero perdurare nel tempo si assiste ad una vera e propria sindrome da sovrallenamento, che aumenta il rischio di infezioni, di incidenti ed infortuni, oltre ad incidere negativamente sulla motivazione e la resistenza muscolare.

Numerosi fattori di natura ambientale (es. clima, altitudine), neuro-muscolare, metabolica, ormonale (es. cortisolo) e psicosociali (es. ansia prestazionale) possono esasperare le funzioni fisiologiche ed alterare le risposte fisiologiche ed adattative alle stress psicofisico. Anche l’alimentazione riveste un ruolo non trascurabile nella prevenzione della sindrome da sovrallenamento.

L’alimentazione, insieme all’allenamento ed al recupero, costituisce una delle tre punte del triangolo della performance.

E’ ben noto che nello sport agonistico una corretta alimentazione rappresenta un punto imprescindibile per la performance. In merito l’alimentazione deve essere personalizzata a seconda dei fattori individuali (es. consumo energetico) e quelli legati al ciclo allenamento-recupero-gara richiedendo un riadattamento continuo dell’apporto quotidiano di macro e micronutrienti per ottimizzare la qualità della prestazione. In special modo la sindrome della stanchezza cronica può essere prevenuta prestando attenzione al rifornimento di glicogeno nei muscoli, in quanto le riserve di carboidrati si svuotano rapidamente in seguito ad uno sforzo intenso. A proposito è necessario considerare le tempistiche e gli alimenti più adatti per composizione e forma al fine di massimizzare questo recupero fisiologico. Senza tralasciare l’importanza di valutare nel tempo lo stato di idratazione, la composizione corporea, le carenze nutrizionali sub-cliniche, le iper-sensibilità ai componenti dei cibi, oltre ad eventuali disturbi gastrointestinali, che pregiudicano un corretto assorbimento degli alimenti.

Infine la sindrome da sovrallenamento rappresenta un campo di applicazione del Training Autogeno, che è una tecnica di “meditazione sul corpo” in grado di accelerare il recupero psicofisico e migliorare le funzioni fisiologiche coinvolte nell’attività fisico-motoria.

Per informazioni rivolgersi al Centro di Medicina Biologica.

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