Da poco, molti autori iniziano a considerare le malattie infiammatorie intestinali (IBD) come condizioni profondamente connesse con l’alimentazione.
Tutti i pazienti lo hanno sempre pensato: chi soffre di questi disturbi chiede al medico come deve mangiare e per anni la maggior parte dei medici ha sempre negato qualsiasi ruolo del cibo nella comparsa di queste malattie. Andando contro le percezioni delle persone malate, ma continuando a negare l’effetto alimentare sulle malattie infiammatorie intestinali, spesso a dispetto delle evidenze cliniche e di alcuni importanti lavori internazionali che suggerivano un approccio diverso.
Nel nostro centro, trattiamo queste forme con un forte supporto dato dalla scelta di schemi dietetici che riducano l’infiammazione da cibo e fortunatamente da qualche anno supportati da studi internazionali che hanno ad esempio confermato la reattività al Saccharomyces cerevisiae nella malatta da Chron (significa che c’è una forte componente dovuta ai lieviti e alle sostanze fermentate).
Più di recente studi effettuati su persone malate di malattia di Crohn hanno confermato non solo che c’è una forte componente dovuta al cibo, ma che l’analisi delle Immunoglobuline G verso i cibi consente di identificare le cause di un aggravamento e di trovare una via che aiuti la guarigione.
Interessante è valutare anche i livelli di calprotectina fecale nei soggetti trattati.
Grazie a schemi di trattamento alimentare che facilitino il ritorno ad una alimentazione varia e che consentano il pieno recupero della tolleranza alimentare, anche le malattie infiammatorie intestinali (colite ulcerosa e malattia di Chron) possono diventare una condizione temporanea in cui la consapevolezza nutrizionale aiuta a raggiungere la guarigione.
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