Che cos’è e chi colpisce?
La tiroide è una ghiandola localizzata alla base del collo e rilascia ormoni in grado di regolare le attività metaboliche di ogni cellula dell’organismo. Per esempio la tiroide influenza il peso corporeo, il battito cardiaco, la produzione di energia e regola la temperatura del corpo, oltre ad interagire con numerosi altri ormoni e neurotrasmettitori. Purtroppo il suo funzionamento può deteriorarsi per varie cause, in particolare a causa di processi autoimmuni.
La tiroidite di Hashimoto è una delle patologie autoimmuni più diffuse al mondo e dal alcuni decenni la sua incidenza nella popolazione generale è in crescita. Questa malattia colpisce molto di più le donne rispetto agli uomini secondo un rapporto di 10 a 1 e soprattutto in un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni. Oltre alla carenza di iodio essa è una delle cause principali di ipotiroidismo, che è una condizione in cui la ghiandola tiroidea diventa incapace di produrre abbastanza ormoni tiroidei, cioè gli ormoni abbreviati dalle sigle T3 e T4.
Cause, sintomi principali e diagnosi
Nelle fasi iniziali l’ipotiroidismo può non comportare sintomi evidenti, ma man mano che il disequilibrio ormonale ed immunitario si aggrava possono comparire diversi sintomi. Tra quelli principali ci sono:
- Spossatezza fin dal mattino;
- Pelle secca;
- Perdita di capelli;
- Disturbi intestinali come stitichezza;
- Sensibilità alle basse temperature;
- Aumento di peso non altrimenti giustificato;
- Irritabilità o apatia;
- Scarsa concentrazione e fatica mentale.
La causa principale di ipotiroidismo è la tiroidite di Hashimoto, una malattia autoimmune che danneggia proprio la ghiandola tiroidea. La natura autoimmune denota una disregolazione del sistema immunitaria, in cui le cellule immunitarie si rivoltano contro ed attaccano i tessuti stessi del corpo, in questo caso la ghiandola tiroidea. Ciò conduce nel tempo ad una minore sintesi degli ormoni tiroidei. Benché la causa di questa malattia non sia stata ancora delineata in dettaglio, le evidenze mostrano che accanto ad aspetti genetici di suscettibilità contribuiscono anche fattori legati al tratto gastrointestinale, alle infezioni, all’esposizione agli agenti inquinanti ambientali, ad altri squilibri ormonali, alla disregolazione immunitaria ed allo stile di vita.
La tiroidite di Hashimoto ha effetti non solo tiroidei, ma sistemici sugli altri organi del corpo.
La diagnosi deve essere valutata da uno specialista tenendo conto dello stato di salute, dei segni e dei sintomi clinici, oltre ad avvalersi di specifiche analisi. In particolar modo si evidenzia un incremento dei livelli dell’ormone stimolante della tiroide TSH, mentre i valori degli ormoni tiroidei fT3 e fT4 sono bassi. Ma potrebbe succedere che le analisi del sangue non riescano ad evidenziare i casi più lievi. Perciò è opportuno tenere conto anche dei sintomi descritti sopra e dei possibili segni sospetti (es. bassa temperatura corporea). Inoltre dalle analisi è possibile rintracciare gli anticorpi anti-tiroidei come evidenza del processo autoimmune.
Tiroidite autoimmune di Hashimoto: quali conseguenze?
Può succedere che all’inizio si assista paradossalmente a sintomi ipertiroidei, in quanto la distruzione delle cellule tiroidee provoca il rilascio nel sangue della riserva ormonale accumulata. Ad ogni modo man mano che le reazioni autoimmuni danneggiano ulteriormente le persone manifestano un quadro di più o meno grave ipotiroidismo.
Le conseguenze includono tipici segni cutanei come una pelle squamosa, pallida, asciutta e la presenza di mixedema con ritenzione idrica. Inoltre i capelli crescono più lentamente e possono essere secchi, ruvidi e fragili. A volte può comparire persino l’alopecia, mentre occasionalmente le persone possono avere una bassa frequenza cardiaca (bradicardia), debolezza muscolare, crampi e stanchezza persistente.
In generale i sintomi iniziali potrebbero essere sottovalutati dalla persona e non attirare l’attenzione dovuta come per esempio nel caso della stipsi, della spossatezza, della pelle secca e dell’aumento di peso. Ma con il progredire del disturbo compaiono intolleranza al freddo, minore sudorazione, mancanza di energie, neuropatia periferica, sintomi simil-depressivi, perdita di memoria, disturbi del ciclo mestruale e cambiamenti nel tono della voce.
Tiroidite di Hashimoto: conseguenze in gravidanza
L’ipotiroidismo da tiroidite autoimmune in gravidanza determina gravi conseguenze per la madre e per il figlio in grembo se non viene opportunamente trattato. Si assiste infatti ad un maggior rischio di ipertensione gestazione, preeclampsia, rottura della placenta, aborti spontanei, nascita pre-termine ed alterazioni neuropsicologiche nel neonato.
Altre conseguenze dell’ipotiroidismo conclamato o della tiroidite di Hashimoto
Gli studi evidenziano nella ghiandola tiroidea la presenza di infiltrazione da parte dei globuli bianchi (linfociti), che sono i responsabili diretti delle reazioni infiammatorie. In aggiunta la stessa tiroide può andare incontro ad un ingrossamento diffuso e simmetrico, mentre dalle analisi è evidenziabile la presenza di anticorpi anti-perossidasi tiroidea ed anti-tiroglobulina come segni principali dell’autoimmunità. Inoltre in chi soffre di tiroidite di Hashimoto non è infrequente avere un quadro di anemia, alti livelli di colesterolo totale, LDL e dei trigliceridi.
La tiroidite di Hashimoto è la conseguenza di una disregolazione immunitaria, che comporta la perdita della tolleranza immunitaria nei confronti della stessa tiroide contro cui si scaglia l’immunità. Se da un lato un sistema immunitario “normale” mette in moto risposte immunitarie contro potenziali minacce esterne, dall’altro è tollerante verso il corpo stesso. Ma questo nell’autoimmunità non avviene. Detto ciò non sorprende che la tiroidite autoimmune sia associata ad un maggior rischio di sviluppare altre patologie autoimmuni come per esempio la celiachia, la vitiligine, il diabete di tipo 1, il lupus eritematoso sistemico e la gastrite autoimmune.